QUAL’È LA MIA VISIONE DI +EUROPA

Mi sono chiesto quale sia la proposta politica di questo nuovo partito che si presenta alle elezioni 2018. Tra poco me lo chiederanno le persone che incontrerò, quando promuoveremo la raccolta delle firme per la sua presentazione.

I tempi veloci che ci portano verso le scadenze elettorali non mi hanno consentito di condividere una riflessione, che probabilmente altri hanno fatto definendo il manifesto.

Per questo sono portato ad esprimere la mia proposta, che non è ancora il frutto di un confronto, in queste due paginette. Come accade per chi arriva in ritardo, potrebbero esserci cose già dette da altri ma anche – spero – qualche spunto nuovo.

Ci sono stati sicuramente incontri e riflessioni in questi mesi e poi ci sono le storie ed esperienze politiche di chi ha costituito questa proposta.

E io vengo da Scelta Civica, che è stata un’esperienza ricca di insegnamenti, più che altro sulle aspirazioni deluse. Ma, per fortuna, ho anche una ricca e solida esperienza civile in attività che hanno un forte impatto e rilevanza sociale, occupandomi da più di vent’anni di scuola e di lavoro.

Al fianco, ma molto più visibili in +Europa, ci sono i radicali con le loro battaglie sui diritti civili, in primis Emma Bonino.

 

Qual è la mia proposta e la mia visione su +Europa?

Quali potrebbero essere i principi fondativi di un movimento completamente nuovo che prende con sé il sogno di un’Europa migliore e quello del +, cioè della voglia, del bisogno, dell’importanza di migliorare e di crescere?

 

In articolo di due anni fa, scrivevo che il movimento (a quel tempo Scelta Civica), non doveva abitare uno spazio politico (il centro, la destra o la sinistra) ma un tempo politico: il futuro. Lo penso ancora. Forse ancora con + urgenza.

Ma se devo tracciare quali sono le radici di valori che, a mio parere, fondano l’Europa e dovrebbero fondare anche questo nuovo movimento, le individuo in tre parole di una storia lontana e comune: libertà, uguaglianza e fraternità.

Pronunciate più di duecento anni fa, sono ancora oggi un punto di partenza ma anche di arrivo della politica europea.

Da una parte la libertà a cui si ispirano politiche e movimenti politici che vedono l’esigenza di un rapporto libero e maturo tra cittadino e Stato, che sottolineano l’esigenza di favorire l’espressione dei cittadini.

Dall’altra l’eguaglianza che è il tema centrale delle politiche di sinistra che, attraverso lo Stato e le leggi,  vedono nel superamento degli ostacoli il compito principale per avere una società più giusta.

Ma queste aspirazioni, di grande valore ideale e reale, devono e possono trovare un loro equilibrio, perché sono entrambe esigenze di cittadinanza in società che aspirano alla giustizia sociale (un monito e un tema caro al presidente Pertini).

Ritornando al cenno storico della rivoluzione francese, si è persa (forse non si è mai espressa) in questi due secoli la dimensione e l’aspirazione alla “fraternité”, che in realtà è indispensabile per creare e trovare l’equilibrio tra i due principi di libertà ed eguaglianza.

Come e dove trova espressione politica la fraternità?

In Italia, molto più che in tutte le altre nazioni europee, questo sentimento ha trovato espressione, anche se non propriamente politica.

Forse più che in altri momenti, abbiamo visto in questi anni l’affermazione in Italia della fraternità. Nella crisi, dove i numeri ci condannavano, siamo stati capaci di riemergere grazie alle famiglie e ad una forte rete di solidarietà per chi era più debole e subiva la crisi.

Nell’emergenza legata all’immigrazione abbiamo visto come la presenza di organizzazioni ha consentito di far fronte a un’emergenza crescente, che lo Stato non avrebbe saputo fronteggiare da solo.

Lo vediamo quando si verificano eventi eclatanti come i terremoti ma anche nel quotidiano. L’Italia è campione mondiale di solidarietà e di associazionismo.

Non solo, in questi anni si è sviluppato un tessuto economico, quello del terzo settore, che è sempre più importante perché colma, è in grado di colmare, le difficoltà dello Stato in tanti campi.

E, nel nuovo rapporto che si deve costruire tra cittadino a Stato, diventano fondamentali l’economia civile e la sussidiarietà circolare di cui parla Zamagni.

Le sfide del lavoro dei giovani, un nuovo equilibrio tra diritti ed opportunità, la costruzione di ricchezza che non proviene direttamente dal lavoro ci interrogano su quale disegno di futuro immaginiamo.

Questo è il vero nodo e la vera sfida politica.

La società complessa non accetta la formula semplice e standardizzata.

Lo slogan non basta a governare.

Per questo motivo i principi che esprime la destra e la sinistra non sono sufficienti per definire le politiche di cui abbiamo bisogno e con cui dobbiamo contaminare positivamente le politiche europee.

Quindi alla ricetta di diminuzione dello Stato della destra o di aumento dello Stato (come compensazione) della sinistra, si deve contrapporre una politica che sa colmare i vuoti dello stato sociale con una nuovo modello sociale solidale, dove chi si occupa di società magari non fa profitto ma comunque fa economia.

Dove i diritti collimano e si integrano con le opportunità e si sviluppano secondo le possibilità, le competenze, le aspirazioni di ciascuno.

Con un alleato, l’innovazione, che consentirà di superare barriere che oggi vediamo ancora come vincoli e pericoli. Il valore generato dall’innovazione dovrà essere messo a patrimonio sociale. Ci sono già segnali importanti in questa direzione.

 

Su uno scenario che è sempre più grande ed interconnesso, però, non si può non capire che la dimensione della politica deve superare il confine dello stato ed essere sempre più europea, con la consapevolezza che ci siamo anche per far valere le idee che abbiamo (noi le abbiamo) e le capacità che abbiamo saputo mettere in campo (perché abbiamo fatto molto in questi anni di crisi).

 

Sempre di più. Più libertà, più uguaglianza e più fraternità. Più Europa.

 

Luca Monti

21 dicembre 2017

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